La coltivazione degli alberi di Natale proviene da una normale attività agricola di tipo vivaistico.

Nel corso degli ultimi anni durante la campagna di commercializzazione si sono periodicamente verificate delle 'campagne di informazione' contro l'impiego delle piante di abete " vere " a favore di quelle sintetiche in quanto ritenute più ..... " ecologiche " !!!???

Tali campagne informative tuttavia sono fondate sulla assoluta ignoranza di quelli che sono i metodi di coltivazione e soprattutto i luoghi di di provenienza delle piante vere di albero di Natale.

E' estremamente importante far conoscere quali sono le modalità con cui viene conseguita la produzione, per sfatare una volta per tutte quella che risulta essere una vera e propria campagna persecutoria contro una produzione dalle caratteristiche estremamente ecologiche e, soprattutto, rispettose del patrimonio forestale.

Gli alberi di Natale vengono coltivati in terreni appositamente dedicati all'attività vivaistica, da aziende per la maggior parte specializzate nella crescita degli abeti per uso natalizio, il cui esercizio risponde comunque ad una precisa regolamentazione (autorizzazione all'esercizio dell'ortovivaismo, ecc.).

I terreni che occupano i vivai di abete in collina ed in montagna sono spesso terreni che in precedenza ospitavano colture tradizionali (cereali, ecc.) oggi sicuramente non più remunerative e che altrimenti verrebbero abbandonati procurando notevoli problemi per la stabilità idrogeologica degli appezzamenti di collina ( soprattutto in quelli notoriamente fragili degli appennini ).
Nei terreni pianeggianti di fondovalle i vivai prendono il posto di colture tradizionali oppure si affiancano a queste per sostenere il reddito della famiglia diretto-coltivatrice.

Gli alberi di Natale non vengono quindi presi dai boschi ma normalmente coltivati come una qualsiasi altra pianta ornamentale e costituiscono una coltivazione rispettosa dell'ambiente ( grazie al bassissimo utilizzo di mezzi chimici ) oltre a contribuire, con il loro verde, a dare vita a zone altrimenti brulle e desolate soggette all'abbandono con conseguente degrado idrogeologico.

                                
                             A.Marchini